Il cielo sopra il porto aveva il colore della televisione sintonizzata su un canale morto. “ ( William Gibson )

Batteva così sulla tastiera del suo laptop William Gibson, il padre del cyberspace. Neuromante,  forse il suo romanzo più famoso ci ha trasportato nel 1984 in un mondo post Blade Runner, fatto di droghe sintetiche, loschi figuri della Yakuza, tatuaggi e inserti psichedelici sotto pelle, fughe nella matrice, la rappresentazione visuale della nuova frontiera digitale che i cowboy post moderni cavalcavano grazie alle interconnessioni uomo macchina. 

Nasceva dalla sua intuizione e dalla sua fantasia una visione del futuro liquido e intangibile che ci aspettava. Mille mondi, mille avventure, un nuova opportunità di evasione da una realtà che cominciava a stare stretta a molti, per i cambiamenti in atto, trainati dalla tecnologia in una accelerazione esponenziale e sempre più pervasiva nell’economia, nell’organizzazione della società, nelle relazioni tra le persone. 

Lo seguì anni dopo, nel 1992, lo scrittore Neal Stephenson che inventò il termine “Metaverso” nel suo romanzo Snow Crash e come in molti dei suoi romanzi trattò di storia, linguistica, antropologia, archeologia, religione, informatica, politica, crittografia, memetica e filosofia.

In the Beginning … was the Command Line“, nel suo saggio del 1999 Stephenson ha in seguito spiegato il titolo del romanzo come il termine per una particolare modalità di errore del software sui primi computer Macintosh: “Quando il computer si è bloccato e ha scritto parole senza senso nella bitmap, il risultato è stato qualcosa che sembrava vagamente statico su un televisore rotto: un ‘crollo di neve’”.

La finanza decentralizzata, lo smart working e le occasioni per socializzare, il controllo delle identità digitali, sarebbero venute dopo e sono ancora in atto, ma la strada era tracciata.

Wade Watts alias “Parzival”, il personaggio del film del 2021 di Steven Spielberg Ready Player One, confessa all’Avatar del suo amico “Aech” di essersi innamorato di un altro Avatar dalle fattezze femminili, mentre si incontrano in Oasis (Ontologically Anthropocentric Sensory Immersive Simulation), il mondo immaginato da Ernest Cline nel romanzo Player One del 2010 di cui la pellicola è l’adattamento cinematografico ed Aech lo ammonisce               << …ascolta quello che dici, tu hai una cyber cotta … ma devi fare più attenzione a chi conosci su Oasis, lei magari è uno zio, o potrebbe essere un tipo di 130 kg che vive con la mamma alla periferia di Detroit … ci devi pensare! >> ricordandogli che nei mondi virtuali tutto è realtà e finzione, gioco ed esperienza nello stesso tempo, mischiati abilmente dalla co-creazione della mente dei creatori dei mondi e dalla espressione personale degli stessi partecipanti nella loro estensione digitale con cui contribuiscono a costruirne forma e sostanza con il presupposto di base che tutto è costantemente mutevole.

Il tema della identità digitale non è solo appannaggio dei teorici della cospirazione che vedono ( a torto o a ragione) nella accelerazione della gestione e del controllo delle informazioni personali degli individui, il pericolo di uno strumento in mano ai governi per “cinesizzare” la società, ma è anche un argomento attualissimo di analisi e discussione per sociologi e antropologi. E non si pensi che sia un tema che non ci riguarda direttamente. …

Insomma il concetto di Metaverso viene da lontano. 

O per meglio dire i Metaverso.

Ed ha le sue regole ben precise: 

  • Non ha confini: non ci sono barriere tra reale e digitale ed è endless (per dirla con la lingua di albione), perché per sua natura tende ad estendersi in base alla fantasia dei suoi creatori e co-creatori (i partecipanti) ed alla capacità di calcolo dei computer che lo gestiscono e che tende ad aumentare nel tempo
  • E’ persistente:  è sempre attivo e e non può essere resettato o disconnesso (a meno di un cataclisma apocalittico o di una atomica tattica a patto che colpisca con precisione i server su cui alloggia. Ah sapere dove sono!) 
  • E’ immersivo: i suoi utilizzatori possono farne una esperienza sensoriale sempre più realistica, grazie ai device XR (extended reality)
  • E’ decentralizzato: non esiste una entità centralizzata che ne ha il controllo. Tutti gli utilizzatori ne hanno il controllo (almeno parzialmente per la verità)
  • E’ un sistema economico: le currencies digitali contribuiscono a creare una economia virtuale indipendente con una modalità di acquisto per beni e servizi digitali e non (un esempio eclatante ci viene ancora da Ready Player One in cui il protagonista dopo aver guadagnato “token” acquista asset digitaliper upgradare il suo Avatar e nello stesso tempo una tuta immersiva per navigare nel mondo virtuale e che gli viene deliverata a casa da un tradizionalissimo corriere. 
  • E’ una esperienza sociale: il Metaverso crea forti connessioni sociali e comunità tra gli utilizzatori e gli eventuali esseri con AI (intelligenza artificiale) che lo popolano.

E ci si permetta di mutuare il recente bellissimo film della Marvel Doctor Strange nel multiverso della pazzia affermando che il Metaverso oggi si appresta a diventare un Multiverso. Ma questo è pane per i lettori del nostro saggio “Guida per autostoppisti aziendali e non.

Volete saperne di più? Vi interessa una presentazione in azienda?

Per maggior informazioni: mailto: sergiobattimiello@artdesignbox.it